Coronavirus, grande attenzione ma nessun allarmismo

Ai medici il compito di indicare la rotta, al governo e alla politica quello di seguirla e farla rispettare. Ma ora che il coronavirus è tra noi, e tutto lascia supporre che vi resterà a lungo, anche i cittadini sono chiamati a un particolare dovere: riscoprire il senso di responsabilità. Come accadde dopo il terremoto del Friuli nel 1976, come succede nell’ora della verità, quando gli italiani danno sempre il meglio di sé.

Responsabilità significa saper distinguere tra preoccupazione e paura. Nulla da nascondere. Anzi, rispetto al resto del continente la dettagliata informazione sul contagio da parte delle istituzioni è encomiabile. Ma niente allarmismi: l’Italia è una grande nazione.

E’ vero, siamo il terzo Paese al mondo più colpito da un’infezione temibile, sorta in Cina fra misteri e censure, ancora senza vaccino e capace di volare ovunque, insinuandosi quando meno te l’aspetti.

Ma il nemico, per quanto invisibile, non è invincibile, come la realtà e le statistiche già registrano, e gli esperti illustrano, e il sistema di contenimento messo in piedi induce a ritenere.

A fronte di un virus che attacca alle spalle, abbiamo la miglior difesa d’Europa: per quanto criticato e spesso mal organizzato, il sistema sanitario italiano è di riconosciuta eccellenza. Siamo in buone mani, dunque, le mani di virologi di prim’ordine e di un personale a tutti i livelli competente, generoso, in grado -specie in queste ore di sacrificio- di un impegno senza pari.

Certo, ci vogliono più tamponi, e le mascherine e i disinfettanti non possono toccare prezzi stellari, e la scelta originaria del governo di concentrare ogni sforzo sul divieto dei voli da e per la Cina forse è stata giusta o forse no: arriverà anche il tempo della polemica.

Ma adesso, mentre le vittime salgono a 7 e i contagiati sono ben oltre i 200, è il momento di remare tutti con forza nella stessa direzione.

Le nuove regole e i nuovi comportamenti non riguardano solo i cittadini nei Comuni in quarantena, né i residenti nelle regioni più esposte, la Lombardia e il Veneto. Se il coronavirus colpirà anche l’economia, come si teme, la risposta sarà lavorare e intraprendere ancora di più. Magari sostenuti da un unico punto di riferimento nazionale, che sappia decidere e coordinare Regioni e Protezione civile. E replicare con dignità a quanti, dalle Mauritius all’Austria, pretendono di trattarci come se fossimo untori di epoca manzoniana.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi