Coronavirus, e adesso l’Europa guarda al modello italiano (vaccini per tutti e ampio obbligo della carta verde)

Vaccini per tutti e ampio obbligo del certificato verde. Ora l’esempio italiano diventa un punto di riferimento non solo per l’Est europeo travolto dal Covid. Dalla Romania alla Serbia, alla più lontana Russia, così come alla Lettonia e perfino alla Gran Bretagna, prima nazione ad aver organizzato il vaccino di massa -ma anche ad aver abbassato la guardia su mascherine e distanziamenti-, la pandemia torna a dilagare.

Il virus fuori controllo spinge i Paesi colpiti a reazioni diverse, ma tutte severe. Si va da un ritorno al confinamento per un mese al tutti a casa dal lavoro per nove giorni, alla chiusura delle scuole per due settimane. In Romania la situazione è paragonata a quella, drammatica, vissuta dall’Italia nel marzo 2020, cioè all’inizio della sconosciuta epidemia. La Grecia ha reso ancor più stringente il dovere del passaporto verde, come la Bulgaria. Serrano le file anche Francia e Germania, che estendono l’obbligo di esibire la certificazione.

Secondo gli esperti, e l’evidenza, il Coronavirus divampa dove più basso è il tasso di vaccinazione e minore l’obbligo di contromisure.

Dunque, se l’Italia oggi si attesta come il Paese che meglio sta resistendo all’offensiva della malattia coi suoi preoccupanti contagi, ricoveri in terapia intensiva e tragico primato di decessi che invece si registrano altrove, le ragioni sono lampanti. Si deve al rigore delle misure adottate dal governo-Draghi e, soprattutto, al loro rispetto da parte della grande maggioranza degli italiani. Scelta istituzionale e buonsenso della popolazione stanno portando l’85 per cento dei cittadini sopra i 12 anni al doppio vaccino. Al punto che già si prospetta la terza dose. Ciononostante, molti vaccinati mantengono le cautele in pubblico e nel privato (mascherine, metro di distanza, mani pulite) quasi come riflesso condizionato frutto di questi mesi. E poi le punture del generale Figliuolo e la carta verde, percepite dai più non come odiosa limitazione, bensì come atto di liberazione per tornare a vivere e a lavorare con la maggior tranquillità possibile. E’ la concreta condivisione di quel “rischio calcolato” a suo tempo evocato da Draghi.

Tuttavia, guai a credere che l’emergenza sia finita, solo perché i dati sul Covid e gli indici di contagio risultano migliori rispetto alle altre nazioni. La strada è lunga, il generale Inverno (che non aiuta) bussa alle porte, e nel mondo interconnesso anche noi rischiamo gli effetti che si propagano ovunque. Il virus è ancora il nemico principale.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi