Contro il terrorismo Alfano annuncia un “piano anti-radicalizzazioni”. Ma per la sicurezza servono tre cose: soldi, idee e lungo impegno nel tempo

Contro il terrorismo che ha appena insanguinato Bruxelles dopo che aveva martoriato Parigi quattro mesi fa, ecco che arriva il “piano nazionale anti-radicalizzazione”, come l’ha definito il ministro dell’Interno, Angelino Alfano. E il fatto che l’abbia lanciato durante il vertice straordinario di tutti i suoi colleghi europei (assieme ai ministri della Giustizia) indetto proprio per reagire con forza e unità all’ondata di attentati compiuti e rivendicati dal fondamentalismo di matrice islamica, significa che potrebbe essere la volta e la svolta buona. Ma quanti dubbi al di là delle sempre tardive parole. Grande è ormai la diffidenza dei cittadini europei per i loro ventotto governi, che neanche hanno imparato a passarsi le informazioni di polizia e di intelligence fra loro. Enorme è lo scetticismo dei cittadini italiani, che da troppo tempo assistono ai proclami sulla sicurezza. Salvo poi constatare che i controlli immaginati sono, appunto, immaginari. Che la prevenzione promessa è lasciata al buon cuore di carabinieri, poliziotti e finanzieri impegnati con risorse e stipendi imbarazzanti (la storia delle “volanti senza benzina” non è una favola). Salvo poi scoprire che la vigilanza delle strade e dei quartieri, e non solo dei punti sensibili, è occasionale ed eccezionale: manca proprio quel “progetto nazionale” che vada al di là delle emergenze. Che valorizzi il ruolo delle forze di polizia. Che incoraggi il cittadino a sentirsi parte di uno Stato capace di badare a se stesso, facendo rispettare le leggi a tutti e i principi del vivere insieme a chi non li conosce o riconosce. Altrimenti, a che serve un “piano anti-radicalizzazioni”?

Se non si investono soldi e idee, se non si comprende che col terrorismo di chi ci odia dovremo fare i conti a lungo, e che perciò repressione della violenza e riaffermazione delle libertà, parità e fraternità vanno di pari passo, nessun proposito, neanche se declamato a Bruxelles, potrà dare i frutti sperati. Le buone intenzioni sono fuori tempo massimo: qui occorrono iniziative concrete e durature, e una visione “politica” che dia sicurezza e consapevolezza agli italiani. Sicurezza di sapere che si sta facendo tutto quanto va fatto contro la minaccia del terrorismo. Consapevolezza che il nostro modo di vivere e i nostri valori sono inattaccabili, anche quando sono macchiati di lacrime e di sangue innocente.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi