Qualunque sia il punto di osservazione sull’immigrazione -europeo, nazionale o locale- il risultato non cambia: s’assiste al quotidiano fallimento delle politiche elaborate, o non elaborate, per affrontare l’inarrestabile fenomeno di persone che dall’Africa all’Asia lasciano la loro terra per bussare alle porte dell’Unione europea.
Non funzionano né i controlli alle frontiere d’Europa -nonostante muri, recinzioni e barriere innalzati in una dozzina di Stati tra le polemiche-, né la strategia dell’accoglienza a macchia di leopardo.
L’ultima testimonianza della difficoltà di coniugare rigore e solidarietà arriva dall’Emilia-Romagna, regione come molte altre, se non tutte in Italia, dall’indiscutibile tradizione ospitale.
Eppure, sindaci d’ogni amministrazione, con l’avallo del governatore Stefano Bonaccini (Pd), hanno lanciato l’allarme al governo sull’impossibilità di gestire i migranti. Peraltro, neppure un numero stratosferico: appena 100 persone in arrivo dalla Sicilia e che, dopo le proteste, il Viminale ha dirottato fra la Campania e la Calabria.
Ma il disagio serpeggia ovunque, senza confini geografici o politici, dalla Lombardia al Veneto, alla Basilicata: sindaci e presidenti di Regione denunciano all’unisono il malessere di istituzioni e cittadini per le soluzioni estemporanee a cui il governo ricorre, o è costretto a ricorrere senza un piano specifico e fondi congrui, nella distribuzione di quanti, in numero crescente, sbarcano ogni giorno a Lampedusa e nell’isola.
Da tempo la questione non riguarda più il solo Mediterraneo e l’Italia lasciata per conto suo a farsi carico del problema, in barba agli impegni e alle iniziative, per esempio il recente memorandum con la Tunisia, che pure hanno coinvolto Bruxelles. Insufficienti appaiono anche le misure sulla rotta dei Balcani occidentali al centro dell’Europa, e che dall’Albania alla Bosnia, dal Montenegro alla Macedonia del Nord, alla Serbia vedono transitare migranti in aumento. Singoli accordi di cooperazione e risorse destinate, sorveglianza ai confini e asili e rimpatri pur previsti, non bastano, se l’Ue non fa valere una politica comune e condivisa nei 27 Stati. La sfida non si può più affrontare con la miopia del giorno per giorno.
Occorre, al contrario, una grande visione per governare l’immigrazione, evitando d’essere travolti dall’ignavia politica che trattiene l’Ue, prima ancora che da una situazione -come accusano i sindaci- “fuori controllo”.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi