Vincitori e vinti, la chiara lezione dai ballottaggi

Stavolta non è difficile scoprire il significato politico del voto amministrativo suggellato coi ballottaggi. Se i candidati del centrosinistra hanno vinto quasi ovunque, e con distacchi che nelle principali città, da Roma ieri a Milano al primo turno, non lasciano consolazione agli sconfitti, le ragioni sono almeno due.

La prima è che gli elettori hanno considerato migliori le persone proposte dalla coalizione a salda guida Pd, partito piglia-tutto, rispetto a quelle presentate dall’alleanza incardinata sul tandem Lega/Fdi.

La seconda è che gli italiani hanno assecondato le forze politiche che con più chiarezza e determinazione sostengono il governo-Draghi nella mobilitazione per il vaccino, anziché quanti ne hanno invece osteggiato le misure decise e decisive, a cominciare dall’obbligo della strategica certificazione verde anche per lavorare. Chi ha colto la scelta di una popolazione che all’85 per cento s’è liberamente vaccinata, cioè il centrosinistra, è stato riconosciuto e premiato nell’urna in confronto a chi, Lega e Fdi, non ha perso occasione per “comprendere le ragioni” della minoranza dei No e Ni Vax. Posizione inconcepibile per un’opinione pubblica di destra moderata e silenziosa, che paradossalmente proprio alla legge, all’ordine e ai doveri del cittadino fa riferimento. Qui, al contrario, Salvini e Meloni hanno dato ascolto a chi disubbidiva, dubitava o dileggiava i provvedimenti del governo per contenere la pandemia, cioè la questione di gran lunga più coinvolgente per la grande maggioranza dei cittadini. Dunque, ha vinto chi s’è dimostrato in sintonia col Paese, ha perso chi non ha sentito o voluto sentire come spirava il vento.

Alla sconfitta del centrodestra ha contribuito anche un’astensione altissima. Che però è una conferma: il ceto medio di area liberal-conservatrice è rimasto spiazzato dalla radicalità di Salvini-Meloni contro la strategia-Draghi, preferendo in parte restare a casa.

Il verdetto degli elettori testimonia che si può contestare tutto, ma non il buonsenso. Soprattutto in questo tempo eccezionale del virus e di Draghi. E’ il secondo errore di Meloni: aver detto no al governo di unità nazionale, cioè per la Patria, nato per tirarci fuori dal Covid e rilanciare l’economia. Errore anche di Salvini con la sua Lega a due facce, di lotta e di governo, proprio mentre i cittadini pretendono coerenza e responsabilità dai loro rappresentanti politici.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi