Vertici sull’Ucraina, perché l’Italia deve esserci sempre

Per capire i fatti, cioè che aria tira sul conflitto in Ucraina, basta seguire la cronaca degli ultimi tre giorni.

Aveva deciso lui di fare la guerra e ancora lui, Vladimir Putin, ha deciso di far fallire l’appena passato vertice di Istanbul, che era un concreto tentativo per far sedere aggressori e aggrediti a un tavolo per parlarsi.

Nessun negoziato per una tregua, dunque, dopo che lo Zar ha disertato l’appuntamento, così costringendo Donald Trump e Volodymyr Zelensky a fare altrettanto. Le sottorappresentate delegazioni ucraine e russe hanno trovato solo un’intesa sullo scambio di mille prigionieri.

Ma vertice chiama vertice e quello successivo, convocato venerdì scorso a Tirana per riunire 47 Paesi d’orbita europea -presente Zelensky-, ha confermato la doppia strategia dell’Unione europea: convincere Trump a disamorarsi di Putin per compiere una scelta occidentale, ossia a fianco dell’Ucraina. E dare corso a nuove e più pesanti sanzioni contro la Russia, considerato il perdurante e ostentato diniego di Mosca di un cessate il fuoco almeno per 30 giorni.

Se intanto Zelensky è arrivato a Roma per partecipare, oggi, alla messa di intronizzazione di Papa Leone XIV e Trump annuncia che domani telefonerà all’amico Vladimir, l’effetto “italiano” di questo via-vai internazionale è uno scontro duro fra maggioranza e opposizione.

Tutto discende dalla fotografata assenza della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, all’incontro che anche a Tirana ha messo insieme i maggiori rappresentanti della cosiddetta “coalizione dei volenterosi”, cioè Germania, Francia, Gran Bretagna e persino Polonia, ma non, appunto, l’Italia. Che pure non ha mai tentennato nello schierarsi con gli ucraini fin dai tempi di Mario Draghi a Palazzo Chigi. Ma lui c’era sempre.

Alle opposizioni che denunciano la presunta marginalità di Roma, la presidente del Consiglio ha risposto, piccata, che non è una distrazione, bensì una scelta: siccome l’Italia ha già stabilito che, a differenza dei volenterosi, non manderà soldati come “forza di rassicurazione” in un’Ucraina liberata dalla guerra, cioè a tregua vigente -se e quando arriverà-, sarebbe ipocrita stare con coloro di cui non si condivide questa posizione per puro amor fotografico. E poi: forse le opposizioni vorrebbero, a differenza del governo, inviare truppe pro Kiev, come propone il francese Emmanuel Macron? (che però ha smentito che di questo si sia parlato a Tirana).

In realtà, e al di là dalla ricambiata antipatia Macron-Meloni che con ogni evidenza ha inciso sulla decisione di Palazzo Chigi, se nel merito la spiegazione della presidente del Consiglio è ragionevole, nella forma è discutibile. E la forma conta nella politica internazionale.

L’Italia può, anzi, deve partecipare agli incontri europei anche per dissentire su un singolo aspetto come quello dei soldati. Partecipare sempre, perché gli assenti hanno sempre torto, anche quando hanno ragione.

Certo, sostenere che Roma sia isolata, è un altro eccesso.

Ma, per non essere isolati, è fondamentale non isolarsi.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova