Tre morti ammazzati nel tribunale di Milano ma gli italiani devono poter dire “Io non ho paura”

Tre morti ammazzati nel più importante tribunale della Repubblica, e il giorno dopo la strage provocata da un solo uomo armato di pistola molti cittadini già si chiedono: ma siamo sicuri di vivere in un Paese sicuro? Domanda opportuna, visto che arriveranno almeno due eventi universali e milioni di persone d’ogni nazione al seguito, l’Expo nell’appena insanguinata Milano e poi il Giubileo a Roma. Qual è, dunque, il prezzo della percezione di tranquillità per tutti, per chi arriva e per chi riceve? Da tempo l’era globale fa pagare un pedaggio altissimo agli abitanti del nuovo mondo senza frontiere. E’ il pedaggio della sicurezza collettiva, che spesso va a danno del principio della libertà e del diritto alla riservatezza. Il mondo nuovo ci ha abituato alle code agli aeroporti, agli obblighi di identificazione una volta impensabili, ai controlli e alle verifiche che fanno perdere la pazienza. Ma il tutto è rivolto a prevenire il male, e il tutto avviene soprattutto all’estero. Da noi molto meno, un po’ per indole e tradizione nazionale (tendiamo a vedere il bello e il buono delle cose e degli altri; ed è una virtù), un po’ perché organizzare significa pianificare e soprattutto investire. E le risorse economiche, si sa, devono fare sempre i conti con la crisi, che è vorace e velenosa. Ma niente alibi. Né la mancanza di soldi, né l’oggettiva impossibilità di impedire a un pazzo di sparare nel mucchio in un luogo pubblico (non però in un tribunale, e che l’inchiesta accerti ogni responsabilità sui controlli-colabrodo), possono indurre le istituzioni ad abbassare la guardia. Lo Stato ha il dovere di far sentire gli italiani tranquilli in patria propria. Anche perché là fuori incombe il terrorismo che si richiama alla guerra santa, che si è addirittura costituito nell’autoproclamatosi Stato dell’Isis, e che ogni giorno minaccia quella violenza di cui dà orribile prova in varie aree del pianeta. Il nostro mondo senza frontiere paga, quindi, anche il doveroso pedaggio di dover difendere la sua gente dalla barbarie. E perciò la sicurezza che si richiede al governo e alle autorità preposte è duplice: tutelare i cittadini in Italia e contribuire a salvaguardare il mondo libero dal fanatismo criminale di chi vorrebbe abbatterlo nelle persone e persino nei suoi simboli d’arte e civiltà.

La sicurezza, allora, dev’essere una priorità. La sicurezza è la più tipica prerogativa costituzionale dello Stato. Ma questo bene prezioso non basta che sia scritto sulla Carta. “Io non ho paura”, devono poter dire ad alta voce gli italiani, se lo Stato c’è.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi