Se il superbonus diventa un supermalus

La richiesta andrebbe rivolta a tutti i partiti: chi di voi è senza superbonus, scagli la prima pietra. Perché la verità della santa preoccupazione espressa dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che ha paragonato al disastro del Vajont la valanga di debito pubblico in arrivo sull’onda della misura economica approvata nel maggio 2020 (governo giallorosso Conte II) per rimettere l’Italia in cammino in piena pandemia, è che tutte le forze politiche hanno sottovalutato l’effetto supermalus del provvedimento allora necessario. Ma da allora fuori da ogni controllo.

Da una previsione di spesa che in origine non arrivava ai 34 miliardi di euro, la “valanga” s’è ingrossata al punto da viaggiare, ormai, verso i 160. Imponendo al governo l’“obbligo” -ha detto Giorgetti- di presentare un emendamento al decreto all’esame del Senato per spalmare in dieci anni, anziché in quattro, i crediti fiscali legati al 110% dell’“efficientamento energetico”.

Una percentuale, peraltro, che già di per sé metteva aritmeticamente lo Stato con le spalle al muro. Ma nei giorni della tempesta Covid, del confinamento, della chiusura d’ogni attività, prioritario era far ripartire l’economia a qualunque costo. Tuttavia, su quell’aiuto generoso a beneficio di imprese, famiglie e banche, cioè del Paese, nessuno ha controllato con rigore.

Se l’avessero fatto, avrebbero colto il rischio delle frodi poi scoperte da molte indagini (il successivo governo di Mario Draghi dovette cambiare la norma sulle verifiche), e che la novità si sarebbe rivelata un meccanismo alla Robin Hood, ma all’incontrario: far pagare a tutti i contribuenti, un investimento che ha favorito soprattutto i benestanti, cioè che ha dato una mano ai proprietari di ville e castelli. Essi rappresentano la metà delle risorse investite. A conti fatti, il buco a cui andranno incontro tutti gli italiani ha agevolato solo il 4,1% delle abitazioni in Italia.

In quattro anni c’è stato un presidente del Consiglio, che ha cercato d’arginare la valanga, mentre veniva giù. Ma la maggioranza di unità nazionale non volle sentire l’allarme di Mario Draghi, che sollecitava una revisione della norma.

“Chi ha disegnato il superbonus è il colpevole”, dirà poi Draghi. Neppure l’opposizione, all’epoca guidata dall’attuale presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, protestò. Sul superbonus, il totem dei Cinquestelle, nessuno dell’intero arco politico fiatò. Lo stesso Giorgetti, ministro dell’Economia già con Draghi, non fece valere la ritrovata indignazione di oggi.

E così il pasticcio adesso naviga fra le incertezze di chi ha semplicemente rispettato le leggi della Repubblica, e vede le leggi cambiare. E chi, tra i partiti, tutt’ora sogna deroghe, proroghe, eccezioni per un’iniziativa corretta, ma tanto mal realizzata, senza controlli scrupolosi e con regole ballerine.

Sì, il Vajont dei conti pubblici rende l’idea.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova