Se è Draghi la vera posta in gioco tra Grillo e Conte

Gli uni si spaccano, gli altri si uniscono. Se a Roma tira aria di scissione fra Conte e Grillo, cioè fra il nuovo leader e il vecchio padre dei Cinquestelle con rispettive truppe parlamentari al possibile seguito, da Parigi Marine Le Pen annuncia la nascita dell’”Unione dei patrioti europei”. A firmare il manifesto con l’ungherese Orbán e il polacco Kaczyński sono anche gli italiani Salvini e Meloni. Una quindicina di sigle sovraniste “contro l’ideologia tecnocratica di Bruxelles”. In sostanza, è un ritorno all’Europa delle patrie in contrapposizione all’Europa federalista.

Le destre puntano a diventare la terza forza a Strasburgo dopo popolari e socialdemocratici. Non senza una stravaganza politica almeno in casa nostra. Se, infatti, la Meloni è comunque all’opposizione, Salvini fa invece parte del governo guidato da Mario Draghi. Proprio colui che, specie dopo la Brexit di Johnson, l’imminente uscita di scena della Merkel e il declino di Macron, è considerato da tutti il più europeista degli avversati europeisti.

Ma altrettanto stravagante è lo scontro fra Conte e Grillo, con Di Maio e Fico intenti a mediare. La singolarità della vicenda è che a puntare su Conte a Palazzo Chigi era stato Grillo. Due volte: prima in alleanza con la Lega, poi col Pd. Come può, dunque, l’Elevato accusare oggi Conte di non avere esperienza né visione politica? O di avere elaborato uno statuto unipersonale, dopo avergli dato l’incarico di farlo, lo statuto?

Ma in questo bizzarro c’eravamo tanto amati sorprende anche la posizione dell’ex presidente del Consiglio, che contesta il rischio di una diarchia con Grillo. Si dà il caso che il M5S sia una creatura fondata, forgiata e portata al governo dall’oggi contestato Garante. Come si fa a non riconoscere un ruolo a chi tutto si deve?

Più che un padre, un nonno, il Grillo quasi estromesso e perciò furioso. Ma un nonno in famiglia lo si ascolta per la saggezza e l’affetto che può trasmettere. Salvo poi fare di testa propria: è questa l’abilità politica a cui Conte, spalleggiato dai dirigenti, sarebbe chiamato.

Invece tutto è diventato conflitto personale, più che politico, pieno di grandi dispetti e piccoli rancori. A meno che l’inconfessabile posta in gioco sia il futuro sostegno al governo-Draghi. Con Grillo ben più convinto di Conte nell’appoggio. Segno che il nonno, almeno su questo, è più saggio del suo ribelle.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi