Quando uno spara dopo aver subìto 38 furti

Fredy Pacini, imprenditore di Monte San Savino (Arezzo), cinquantasette anni di età e di solitudine. Da quattro anni quest’uomo aveva deciso di dormire nel suo capannone che vende biciclette e pneumatici in periferia. Aveva improvvisato un lettino nel soppalco del magazzino con la segreta speranza di meglio difendere, vigilando nel sonno, più che il proprio e così impunemente violato diritto al lavoro, il significato stesso di una vita laboriosa. Solo chi convive ogni giorno col sudore e con la fatica può comprendere quanto sia prezioso il bene della “tua” azienda. Oltretutto familiare, perché ereditata, in questo caso, dal padre.

Nel corso del tempo il commerciante aveva subìto, fra tentati e riusciti, ben trentotto furti. Molti di più di quelli che poi aveva formalmente denunciato, forse perché il senso di abbandono da lui avvertito, non meno che da moltissimi cittadini, porta allo sconforto del “ma tanto a che serve denunciare?”, a fronte della dilagante illegalità di cui si fanno forti, come se fosse uno scudo, i delinquenti.

Ma stavolta, la trentanovesima, è finita in tragedia nel capannone dell’imprenditore-guardiano. A notte fonda, erano le quattro, l’uomo ha sentito il rumore dell’ennesimo vetro in frantumi e ha sorpreso due ladri col piccone in mano. Fredy Pacini ha sparato e uno dei due, moldavo e ventinovenne, è rimasto a terra accasciato nel cortile. Fuggito il suo complice ora ricercato dalla polizia. I carabinieri arrivati hanno constatato la morte di Vitalie Tonjoc, ucciso da due colpi di una pistola regolarmente denunciata. “Eccesso di legittima difesa”: per questo è ora indagato l’imprenditore. E non si polemizzi a vanvera: la magistratura ha il dovere di accertare come siano andate le cose.

“Io sto con Fredy”, dice uno striscione sul cancello dell’azienda. Amici e vicini lo sostengono. “Io sto con chi si difende”, sottolinea il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che ha telefonato al gommista.

Ma stavolta, la più drammatica -c’è una persona uccisa-, almeno una risposta arriverà dai magistrati: è stata o no legittima difesa? E’, invece, la domanda per le altre trentotto volte che resterà senza risposta: dov’erano le istituzioni a tutela di Pacini a lungo derubato?

Se lo Stato non abbandona la sua gente, e previene il crimine, e lo punisce severamente, nessuno sarà più tentato di dormire, armato, nella propria azienda. Col rischio che poi tutto finisca in tragedia.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi