Merano, i cent’anni del Liceo Classico e il fantasma del Carducci (sesta puntata)

La prova lampante del grande imbarazzo, la offre l’invito stesso che è stato spedito per festeggiare, il prossimo 20 maggio, i “Cento anni del Liceo Classico di Merano”. Manca la notizia principale del lieto e secolare annuncio: il nome.

Impossibile, infatti, per i promotori dell’evento scrivere “i Cento Anni del Liceo Classico Gandhi”, perché sarebbe un falso storico. Ma impensabile anche puntare su “i Cento Anni del Liceo Classico Carducci”, perché sarebbe una pietosa bugia. Dunque, Liceo Classico così, senza padre né madre. L’Innominabile.

L’invito rivela la difficoltà di poter dire la verità, nient’altro che la verità, ma pure come poter superare tale amnesia.

Se si prepara la festa per celebrare la storia di un Istituto che per quasi novant’anni si chiamò ininterrottamente Carducci, e che dal 2012 si chiama Gandhi, per uscire dal pasticcio inenarrabile c’è una via trasparente e di buonsenso: unire i due nomi.

Così come l’Italia è una sola, ma include 20 Regioni ciascuna con la sua identità, l’Istituto Gandhi è uno solo per i sei indirizzi accorpati.

Ma accorpati non vuol dire accoppati. Il Gandhi riconosca le differenze e non tema che il Classico si riprenda il suo nome in omaggio ai cent’anni, che sono unici in tutta la storia scolastica in lingua italiana dell’Alto Adige.

Né il Gandhi può temere che altri indirizzi riacquistino i loro nomi originari, se e quando i rispettivi studenti di ieri, oggi o domani dovessero chiederlo al Consiglio d’Istituto. Che è sovrano, ma non sordo.

Il percorso dell’aggiungere anziché cancellare, è complementare a quello dei fautori del solo e orwelliano Gandhi per tutti. Ai quali va sempre ricordato che al tempo dell’accorpamento, nel 2012, la Sovrintendenza Scolastica invitava a riproporre “il nome del poeta Carducci”. Fu ignorata.

Dunque, Gandhi-Carducci chiede oggi la petizione firmata da decine di ex liceali di ogni opinione politica, lingua, generazione e professione (compresa quella della magistratura) e inviata con impeccabile educazione istituzionale all’organo preposto, il Consiglio d’Istituto.

A tale importante documento vorrebbe contrapporsi un’autoproclamatasi contro-petizione on line, che è un concentrato di meravigliosi luoghi comuni, e che perciò può essere firmata da chiunque. Se non fosse per un dettaglio, una “dimenticanza” altrettanto rivelatrice: il testo non riferisce che la richiesta pro Carducci è fatta in aggiunta al nome-Gandhi.

Ragazzi, così non si fa. Se mobilitate l’assemblea per gridare contro il lupo cattivo, informare bene è doveroso. Altrimenti l’intento diventa una grottesca chiamata alle armi contro un nemico inesistente, posto che nessuno vuole eliminare il Gandhi.

Sarebbe, invece, sufficiente rispondere a un quesito chiaro e semplice: che male c’è ad aggiungere all’Istituto Gandhi il nome che l’indirizzo classico ha avuto sempre, il nome di Carducci?

Da più di tre mesi il quesito aleggia senza risposta, come il Carducci fantasma, perché nessuno sa come poterlo respingere. Silenzio e imbarazzo. Come con l’invito. Come con la campagna on line. Come con la Sovrintendenza Scolastica, quando invitava a riproporre “il nome del poeta Carducci”.

Ma a porre il quesito a cui nessuno sa come rispondere, e perciò non risponde, non si commette alcuna “ingerenza nell’autonomia scolastica”, secondo la triste tiritera di chi non accetta un pensiero diverso dal suo.

Il destinatario della petizione carducciana è proprio il Consiglio di Istituto Gandhi. O dopo il Carducci si vuole cancellare anche la libertà di chiedere? O si vuole vietare il diritto al ripensamento, subordinandolo alla pretesa ideologica di avere la Verità e la Scuola in esclusiva? Ma il Liceo, signore e signori cari, è di tutti, e tutti hanno la facoltà di chiedere un mai tardivo atto di sensata riconciliazione tra il presente di appena undici anni e la memoria storica e quasi secolare, tra Gandhi e Carducci.

Mi permetto, allora, di rivolgermi non solo al dirigente scolastico Riccardo Aliprandini, ma anche al presidente del Consiglio d’Istituto, Luigi Rossi, alla vice Domenica Bossa e a ciascuno degli altri 11 componenti del Consiglio -che mi scuso di non citare per nome causa ragioni di spazio-, per dire loro: se la petizione pro Gandhi-Carducci vi sembra meritevole di considerazione, ma per i più svariati motivi non vi sentite di votarla (magari per non alimentare il conflitto innescato apposta da chi non ha argomenti contro l’aggiunta del Carducci), lasciatela impregiudicata per il Consiglio d’Istituto che verrà col nuovo anno scolastico.

Se Aliprandini crede, sbagliando, che aggiungere il Carducci significhi rinnegare il percorso che lui ha compiuto nel 2012 del Gandhi onnicomprensivo, lasci che a decidere sia un suo successore meno coinvolto nella cosa. Il tempo consentirà di poter spiegare a tutti che questa è una grande questione storica, culturale e scolastica. Che qui non ci sono né buoni né cattivi. Che qui c’è solo il legittimo desiderio che si rispetti la storia pressoché centenaria di chi ha fatto il Carducci. Ma anche se fosse una minoranza di ex liceali a richiederlo -il che, con ogni evidenza, non è-, ancora di più quel rispetto sarebbe dovuto e doveroso.

Decidere di inviare la pratica ai prossimi Consiglio d’Istituto e dirigente scolastico, se non si è oggi convinti, è forse il segnale più saggio e fraterno che si possa dare e magari anche annunciare il giorno dell’Innominabile.

Pubblicato sul quotidiano Alto Adige