Mattarella e la buona politica italiana

Contrordine elettori, non è vero che il ceto politico rappresenti il tallone d’Achille o la catena ai piedi di una società intraprendente e creativa di un Paese magnifico che si chiama Italia.

Inconcludenti e incompetenti, dilettanti allo sbaraglio o marpioni che fanno solo i fatti loro (e dei loro familiari, amici, compagni di partito): da decenni pensiamo e scriviamo tutto il male possibile di chi rappresenta, nel governare, la classe dirigente della Nazione.

Intendiamoci, la nostra indignazione è frutto non di facile qualunquismo -sappiamo bene che, se piove, non è colpa del governo-, bensì dell’esperienza vissuta. A troppi scandali, e d’ogni tipo, a troppi cambi di casacca in Parlamento e ovunque, a troppe promesse da marinaio abbiamo assistito per non nutrire una sana e radicata diffidenza per chi amministra la cosa pubblica, indipendentemente da quale sia il colore della sua bandierina politica.

Eppure, i dieci anni al Quirinale appena festeggiati da Sergio Mattarella aprono uno squarcio ben diverso su come dovremmo giudicare la politica italiana, col giusto distacco del tempo e guardando ai protagonisti “sine ira et studio”, cioè senza collera e con la volontà di capire. Giudicarla anche confrontandola con i presunti “statisti” -come tendiamo a qualificarli e gonfiarli con provincialismo esterofilo- di altri Paesi. Paesi che riteniamo, a torto, più fortunati di noi nel fare i conti coi loro governanti.

Ma diciamo la verità: forse qualcuno scambierebbe l’italiano Sergio Mattarella con qualsivoglia altro presidente regnante in Europa o in America? Forse qualcuno direbbe che l’italiano Mario Draghi avrebbe da imparare dal tedesco Scholz, dal francese Macron, dal britannico Starmer o dal pirotecnico d’Oltreoceano che risponde al nome di Trump?

Draghi si sarebbe mangiato a colazione pure i colleghi predecessori, vicini e lontani, si chiamassero Merkel o Sarkozy, Johnson o Biden.

Avviso ai naviganti: per adesso Giorgia Meloni, prima donna a Palazzo Chigi, comunque un felice primato, resta fuori classifica, perché è ancora ingiudicabile. La sua azione politica a Palazzo Chigi è in pieno corso ed è cominciata da poco più di due anni (mentre Mattarella è al secondo e lungo mandato da capo dello Stato e la missione di Draghi presidente del Consiglio e in precedenza alla guida della Banca centrale europea per ben nove anni è compiuta: sono perciò entrambi giudicabilissimi).

Se poi allarghiamo lo sguardo al passato non lontano, è innegabile, qualunque cosa si pensi di loro, che Silvio Berlusconi e Bettino Craxi abbiano lasciato un segno della loro politica in Italia e nel mondo.

Così come Romano Prodi (anche da ex presidente della Commissione Ue) e l’intramontabile Giulio Andreotti. Guardiamo pure indietro fino alla fonte della Repubblica, Alcide De Gasperi, passando per Luigi Einaudi, Amintore Fanfani, Aldo Moro, Francesco Cossiga. Attraversando il campo laico con Giovanni Spadolini, Sandro Pertini, Nilde Iotti, Giorgio Napolitano, Carlo Azeglio Ciampi. Ciampi, il presidente che seppe ridare il tranquillo orgoglio di essere italiani!

Sono tutte persone diventate personalità del loro tempo, come oggi, sopite le passioni da tifo pro e contro, è più facile constatare (e di sicuro abbiamo dimenticato altre figure). Sono tutte personalità “italiane” che hanno avuto un riscontro e spesso un’affermazione anche europea e internazionale. Tutte hanno lasciato un’impronta.

Contrordine elettori, a ben osservare e magari turandoci montanellianamente il naso per tutta quell’altra e vasta pletora politica che ci fa invece imbestialire per quanto non sia all’altezza del Paese, l’Italia politica a livello governativo e istituzionale non ha nulla, ma proprio nulla da invidiare ai governi passati, presenti e futuri di tutti gli altri.

Qui in giro per l’Europa statisti non se ne vedono.

A parte due: Mattarella in campo e Draghi in panchina.

Pubblicato sul quotidiano Alto Adige