L’Europa riparte con Ursula von der Leyen

L’Europa ricomincia da Ursula. Per la prima volta sarà, dunque, una donna, Ursula von der Leyen, cristiano-democratica tedesca di sessant’anni e già ministro della Difesa a Berlino, medico e madre di sette figli, a presiedere la Commissione europea. E’ il braccio esecutivo dell’Unione: propone le leggi europee e ne attua le politiche e i bilanci.

Così ha deciso l’Europarlamento, accogliendo la proposta di nomina del Consiglio europeo. Ma il voto di Strasburgo rispecchia le spaccature trasversali nei partiti e nei Paesi frutto del vento populista e sovranista che soffia sul continente. Basti dire che per la nuova presidente ed europeista convinta anche per tradizione familiare, destinata a prendere il posto del lussemburghese e non rimpianto Jean-Claude Juncker, s’è espresso solo il 51,27 per cento degli eurodeputati: 383 voti, appena nove in più del necessario.

Anche le forze di governo in Italia si sono divise: no dei leghisti a una candidata considerata poco innovativa e con troppe aperture a sinistra, e sì dei pentastellati, che hanno invece apprezzato la sua promessa di un salario minimo in tutti gli Stati dell’Unione. Gli altri punti del programma sono la lotta ai cambiamenti climatici, un nuovo patto sull’immigrazione e il rafforzamento dell’Erasmus, l’unica sfida finora davvero vincente dell’Europa che arranca.

Perciò, economia, ambiente, sicurezza (ma con l’obbligo, scontato e ribadito, di salvataggio dei migranti in mare) e cultura, ecco i quattro pilastri della strategia della von der Leyen, da sempre vicina alla cancelliera Angela Merkel. Ma non sempre in sintonia con lei.

E’ la determinazione, non per caso, la qualità che alleati ad avversari le riconoscono. E che, per ragioni diverse, ha indotto anche le opposizioni italiane a dividersi: consenso dal Pd e da Forza Italia per la presidente tedesca, dissenso da Fratelli d’Italia.

Ma il solo ricambio al vertice della Commissione, e per una manciata di voti, ancora non assicura quel cambiamento reale e non retorico che esige l’Europa uscita dalle urne. Un nuovo inizio che consenta di unire le politiche dei ventisette Paesi dopo la Brexit sancita, ma non ancora avvenuta. L’Unione fa la forza, se si pensa alla competizione cinese, al protagonismo della Russia, al polemico allontanamento degli Stati Uniti. Con l’Africa che preme sul Mediterraneo, cioè alle porte di casa.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi