Le due destre italiane che vanno in Europa

Dal raduno sovranista che Matteo Salvini ha promosso a Roma in vista delle elezioni europee, i toni più alti e le accuse più forti hanno avuto un “bersaglio principale”. Non solo le sinistre, come era scontato per il gruppo di formazioni di radicalismo estremo che si presenta in alternativa a tutti i colori del rosso, ma anche l’Europa. Quest’Europa incarnata, almeno nell’immaginario sovranista, da Emmanuel Macron, guidata da Ursula von der Leyen e basata sull’intoccabile e spesso insensibile burocrazia di Bruxelles. Affermazione, quest’ultima, che purtroppo non è campata per aria: basti ricordare la perdurante indifferenza che l’Ue dimostra sull’immigrazione. Tema sul quale l’Italia richiede da tempo, e invano, una politica unitaria che sia rigorosa e compassionevole allo stesso tempo. Tempo finora sprecato.

A volte l’Europa fa di tutto per non farsi voler bene dai suoi cittadini che presto, l’8 giugno, saranno anche elettori. Salvini assieme ai suoi alleati e convocati nella capitale proprio su questo mira: a buttar sale sulle ferite ben visibili dell’Ue. Sorvolando, invece, su quel molto di progresso, benessere e integrazione pacifica che l’Europa assicura ai suoi 27 Stati.

E ogni riferimento alla comune battaglia contro la pandemia di Covid, ai 235 miliardi del Piano di ripresa tra risorse europee e nazionali, al compatto sostegno dell’Ucraina, è obbligatorio per capire che l’Europa rappresenta il nostro destino. Oltre al sale, un bel po’ di zucchero dovremmo pure imparare a metterlo.

Ma al presidente francese il leader della Lega ha riservato parole di fuoco. Gli ha dato del guerrafondaio e ha detto che costituisce “un pericolo per il nostro Paese e per il nostro continente”.

Macron non ha escluso la necessità di inviare truppe della Nato in Ucraina pur di impedire l’eventuale e nefasta (per l’Europa intera) vittoria di Putin. Che è l’unico e vero guerrafondaio della storia.

Con un videomessaggio Marine Le Pen ha ricambiato la cortesia anti-macroniana, affermando che è ora che Giorgia Meloni dica agli italiani se sosterrà o no un secondo mandato dell’Ursula più famosa alla presidenza della Commissione Ue. “Io credo di sì”, ha aggiunto la Le Pen con malizia, ben sapendo delle crepe sul punto -con chi allearsi in Europa?-, che si sono aperte tra Meloni e Salvini. Le due destre sono infatti unite sotto il tetto di Palazzo Chigi, ma s’apprestano a marciare separate verso Bruxelles. L’appoggio o no alla von der Leyen sarà il rilevante banco di prova. Rilevante, perché ne va del governo europeo. E chi oggi rappresenta l’Italia al massimo livello, dovrà decidere se entrare nella stanza dei bottoni per cercare di incidere, o se limitarsi a fare testimonianza, opponendosi al “sistema Europa”. Posto che, pur con i sondaggi favorevoli, le formazioni sovraniste date ovunque in ascesa mai riuscirebbero a ottenere la maggioranza dei consensi degli europei.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova