Le debolezze del decreto d’agosto (25 miliardi per il rilancio)

Per cercare di capire gli effetti del decreto-legge già sopranominato d’agosto e approvato dal governo con la solita formula un po’ furbetta del “salvo intese tecniche”, bisogna guardare ai numeri e ai verbi.

E’ un provvedimento da 25 miliardi di euro, non pochi, che riempiono il mosaico complessivo di 100 miliardi finora stanziati dall’esecutivo per affrontare l’emergenza economico-sanitaria del Coronavirus. “Stanziati”, appunto, cioè destinati. Il che non significa, al contrario di quanto accaduto negli altri Paesi europei a noi paragonabili, che siano tutti soldi arrivati, in concreto, a destinazione. Particolare che conta.

Sono molte e diverse le misure stabilite per rilanciare il lavoro, sostenere le imprese e intervenire sul fisco, ossia i tre principali ambiti indicati. Ma si fatica a individuare quelle a lungo respiro o scelte strutturali prese oggi non per le prossime settimane, bensì per i prossimi anni. L’impianto sembra teso solo o soprattutto ad affrontare l’impatto dell’autunno caldo che si preannuncia caldissimo.

E così le tasse sospese durante il confinamento, vengono ora di nuovo rinviate e diluite in 24 rate mensili: nessun tentativo di sfruttare la gravità della crisi per almeno provare il colpo d’ala, cioè per una riforma taglia-tasse. Alcuni appuntamenti col fisco rimangono (“odissea d’agosto per scadenze e adempimenti”, protestano i commercialisti), altri, tipo gli acconti per gli autonomi con calo di fatturato, slittano. Ossia a loro volta rimangono.

Il blocco dei licenziamenti è prorogato fra novembre e dicembre a seconda della fine della cassa integrazione per le singole imprese. E poi una sfilza di bonus per settori (e di bonus mancanti per favorire i consumi, come denuncia Confcommercio). Inoltre, mini-rimborsi per chi paga con carta di credito e incentivi per chi acquista prodotti made in Italy. E un piano per il Mezzogiorno con il taglio del 30 per cento dei contributi a carico delle aziende, “perché far ripartire il Sud significa far ripartire il Paese”, come dice il ministro dell’Economia, Gualtieri.

Colpisce la differenza fra l’insieme e il dettaglio. Tanto è difficile cogliere lo spirito e la strategia di un provvedimento senza visione lontana, quanto è facile trovare boccate d’ossigeno nell’immediato nelle misure qua e là, per esempio, per il turismo.

Ma il turismo è una colonna portante e le boccate d’aria rischiano d’essere insufficienti, come sottolineano le associazioni di categoria.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi