L’attacco ai cinque militari italiani nel Nord dell’Iraq e quel terrorismo che cova sotto la cenere

Dal lontano Nord dell’Iraq arriva la notizia che non ti aspetti, quasi a voler ricordare ai distratti governi d’Europa che il terrorismo cova ancora sotto la cenere: esplode una bomba al passaggio di cinque militari italiani su una strada vicina a Kirkuk. Tutti feriti, tre in maniera grave, anche se nessuno sarebbe in pericolo di vita. Soccorsi subito ed evacuati con elicotteri americani, sono stati ricoverati presso l’ospedale Usa di Baghdad. Ad uno di loro è stata amputata una gamba. Immediata anche la solidarietà del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a nome di tutto il Paese. “L’Isis è stato sconfitto, ma la lotta al terrorismo continuerà”, dice il ministro della Difesa, Guerini.

L’attentato contro i nostri soldati, che erano in missione per addestrare le forze irachene impegnate contro l’Isis, avviene a poche ore dal sedicesimo anniversario della strage di Nassiriya.

Correva l’anno 2003 e il 12 novembre altri diciannove connazionali -dei quali diciassette in divisa, in maggioranza carabinieri- e nove iracheni furono uccisi da un’autobomba. Quell’attacco, il più grave subìto da militari italiani dal dopoguerra, segnalava, di nuovo, che difendere la popolazione civile e stare dalla parte degli inermi è un atto di moderno eroismo. Caduti per la Patria e per la pace.

Stavolta a salvare i cinque soldati delle Forze speciali italiane (due incursori della Marina e tre paracadutisti del “Col Moschin”), sarebbe stato il mezzo corazzato nel quale viaggiavano, che ha attutito il colpo altrimenti mortale dell’ordigno usato dai terroristi. Una minaccia costante e difficile da individuare. Una minaccia che incombe su molti degli oltre seimila militari di tutte le Forze Armate italiane che operano nell’ambito di 37 missioni internazionali in 24 Paesi. Ragazzi e ragazze che onorano l’Italia in silenzio e a costo della vita, dei quali veniamo a sapere solo in drammatiche circostanze come questa.

Eppure, svolgono con una professionalità e un’umanità straordinarie e da tutti riconosciute attività essenziali per i popoli sofferenti: dal mantenimento della pace alla formazione per la sicurezza. Dalla cooperazione alla lotta al terrorismo e ai traffici illeciti.

Sono missioni richieste da chi non può fare da sé e fatte d’intesa con le istituzioni internazionali, a cominciare dalle Nazioni unite. Un compito universale che racchiude un interesse nazionale: la credibilità dell’Italia e l’impegno di una parte della sua meglio gioventù.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi