Immigrazione, l’Europa indecisa su quasi tutto

Altro che “vicini al traguardo”, come ha detto Fernando Grande-Marlaska, ministro dell’Interno spagnolo e presidente di turno del Consiglio Ue chiamato ieri a stabilire una nuova strategia sull’immigrazione.

Non le sue parole di circostanza, ma la mossa del nostro ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che ha lasciato l’incontro annunciato come risolutivo per “approfondire la proposta” in ballo, è lo specchio dell’Europa ancora indecisa sul da farsi. Perché per accontentare i tedeschi, che altrimenti non avrebbero avallato il compromesso ora in sospeso, la presidenza spagnola ha preferito scontentare gli italiani.

E se è vero che l’Unione finisce per accertare con grave ritardo e accettare per l’evidenza dei fatti che il fenomeno immigratorio non è un’esclusiva del Mediterraneo, ma una grande questione sul futuro stesso del continente, lo scontro Roma-Berlino non è stato affatto superato.

Ed è uno scontro di sostanza sul ruolo delle Ong con bandiera e finanziamenti tedeschi che navigano fra le coste di Libia e Tunisia -ben 7 navi nella sola giornata di ieri e in pieno corso del vertice-, prendendo i migranti, ma non portandoli in Germania. E neppure nei porti più vicini a ai soccorsi compiuti, bensì in Italia, come ha rilevato Palazzo Chigi anche con note di protesta: si veda la lettera recente che la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha inviato al cancelliere Olaf Scholz.

Ma dissensi si sono registrati pure su come valutare la tutela di chi sbarca nel Mediterraneo. In visita a Berlino, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha riaffermato la posizione italiana: “Nessuno fa la guerra alle Ong, però non possono essere una sorta di calamita per attrarre migranti irregolari che, guarda caso, vengono portati sempre e solo in Italia perché è il porto più vicino”. Soprattutto se l’obiettivo prevalente di chi parte dall’Africa con barche di fortuna è quello di raggiungere il Nord Europa.

Il nostro è considerato Paese di transito da chi arriva. Eppure, in virtù delle controverse regole di Dublino che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha liquidato come “preistoriche”, Roma deve farsi carico di chi sbarca nella Penisola, perché Nazione “di primo approdo”.

Rientra, così, dalla finestra ciò che sembrava poter finalmente uscire, ieri, dalla porta: il Consiglio Ue ancora non risolve il problema di lasciare l’Italia da sola alle prese con una questione che è, invece, continentale.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi