Il naufragio di Cutro, noi e l’Unione europea

Quanti naufragi ancora ci vorranno, perché l’Unione europea intervenga con umanità nei confronti di poveri migranti e con durezza nei riguardi degli arricchiti trafficanti di vita e di morte? Quanti bambini, donne e uomini alla mercé dei criminali e delle tempeste dovranno affogare nel Mediterraneo, prima che Bruxelles comprenda la gravità di un fenomeno inarrestabile -il sogno di fuggire da guerre, malattie e fame verso l’Europa- che può e deve essere “governato” dai 27 Paesi dell’Ue?

Quanti barconi dovranno essere rovesciati dalle onde, e appelli del Quirinale reiterati, e preghiere del Papa inascoltate per indurre i governi del nostro distratto continente a capire che Cutro, coi suoi morti e dispersi a decine, e le sue lacrime, non è più in provincia di Crotone, bensì la prima e per troppi l’ultima terra calabrese d’Europa per disperati provenienti da ovunque? Come testimoniano le nazionalità -Iraq, Iran, Afghanistan e Siria- dei superstiti e degli annegati: il Mediterraneo che si trasforma in un cimitero di sogni universali.

Difficile, dopo l’ennesima tragedia avvenuta, e nonostante il prodigarsi, come sempre, dei soccorsi in mare, trovare parole più adatte di quelle del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per descrivere l’indignazione necessaria: “È indispensabile che l’Ue assuma finalmente in concreto la responsabilità di governare il fenomeno migratorio per sottrarlo ai trafficanti di esseri umani, impegnandosi direttamente nelle politiche migratorie”.

Né può bastare l’impegno declamatorio della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che sollecita i governi europei a “raddoppiare gli sforzi” per il Patto sulla migrazione e l’asilo e per il Piano d’azione sul Mediterraneo centrale.

Sono anni che l’Italia reclama per il Sud europeo lo stesso trattamento politico-strategico e gli stessi notevoli investimenti che l’Ue ha riservato alla Turchia, nazione crocevia dei migranti verso la Germania soprattutto. Nell’indifferenza generale, il Mediterraneo è diventato la rotta degli scafisti. Non c’è più nulla da scoprire: ormai si sa tutto di tutti, porti di partenza e tragitti inclusi.

C’è solo da intervenire con compassione per i migranti e col pugno di ferro per chi continua a sfruttarli e abbandonarli al vento e fra gli scogli.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi