Il maltempo non fa campagna elettorale

Il maltempo non fa campagna elettorale. Solo adesso di fronte all’alluvione che ha travolto le Marche (9 morti, 4 dispersi, centinaia di sfollati), i partiti hanno riscoperto quanto sia sbagliato affrontare le tragedie, anziché cercare di prevenirle. Lo sconcerto del giorno dopo non vale quanto l’allarme dato (o mancato) il giorno prima. Così come stanziare un primo finanziamento di 5 milioni a favore della popolazione colpita -il necessario provvedimento approvato dal Consiglio dei ministri-, è comunque poca cosa rispetto a quanto governi e legislature avrebbero dovuto investire negli anni a tutela del disastrato territorio nazionale.

Si assiste a un dissesto idrogeologico ormai strutturale e cronico: 7 miliardi sono stati stanziati in vent’anni, a conferma del problema “riconosciuto” dalle istituzioni. Ma riconosciuto sempre a catastrofe avvenuta, mai prima, quando a denunciarlo sono cittadini, associazioni, enti preposti. Non, dunque, la capacità dello Stato di reagire, ma di reagire in tempo è la chiave per non passare di emergenza in emergenza. Anche se nel caso di Senigallia, già alluvionata nel 2014 con il suo fiume Misa pure allora esondato, e con polemiche ricorrenti su cumuli di ghiaia, parlare di emergenza suona grottesco.

Nubifragio prevedibile? “Nessuno ci aveva avvisato”, dicono i sindaci, ricordando che l’allerta era di colore giallo per vento e pioggia. Secondo gli esperti non era però possibile contemplare un simile disastro (“un temporale autorigenerante”), probabile frutto di un caldo estivo eccezionale. “E’ piovuto in poche ore un terzo di quello che piove in queste zone in un anno”, sottolinea la Protezione civile.

Dunque, c’è anche il cambiamento climatico dietro la furia dell’acqua venuta dal cielo e dal fiume. Ma pure questo non è una novità, visto che il tema è oggetto di accordi internazionali fra Paesi e di una sensibilità universale. Nessuno si sorprende più per eventi improvvisi e violenti.

Naturalmente, sarà l’inchiesta già aperta contro ignoti dalla Procura di Ancona per omicidio colposo e inondazione colposa ad accertare ogni cosa. Ma non servono sentenze per il verdetto che più conta in nome del popolo italiano: “ricostruire la sicurezza dell’ambiente”, come ha detto il premier, Mario Draghi, visitando le zone colpite.

Senza aspettare il prossimo disastro per ascoltare da altri le stesse parole.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi