Coronavirus, quando il metro (di distanza) nel trasporto pubblico non è uguale per tutti

Quel treno dei desideri che all’incontrario dei suoi pensieri (quelli del ministro della Salute, Roberto Speranza), va.

Non resta che parafrasare “Azzurro”, la bella canzone di Paolo Conte tante volte interpretata da Celentano, per riflettere sull’ultima confusione da coronavirus: il ripristino del distanziamento di un metro fra i passeggeri in viaggio lungo la rete ferroviaria d’Italia.

Così ha deciso il ministro, e la discussione potrebbe finire qui. Se non fosse per tre circostanze che la riaprono all’insegna dell’incertezza.

Tanto per cominciare, l’ordinanza è stata firmata dal ministro dopo, e non prima, che erano stati venduti migliaia di biglietti per occupare i sedili senza tale obbligo. E perciò notevoli sono stati il disagio per i passeggeri causato dal successivo e improvviso annullamento dell’acquisto e il danno per le aziende che, per rispettare il tardivo provvedimento, hanno dovuto fare a meno della metà dei vagoni. Eppure, tutto ciò era facilmente evitabile con un minimo di coordinamento fra autorità e imprese, visto, oltretutto, che il Covid 19 da mesi non è più un imprevisto né una sorpresa appena scoperta.

Se la prima questione è di sostanza, la seconda è di principio. Il ministro dispone, ma le Regioni -per esempio Lombardia e Liguria- fanno come vogliono. A fronte del solo 50 per cento dei posti riempiti in nome dell’obbligo da Trenitalia ed Italo, in molte regioni i convogli locali viaggiano strapieni e con i cittadini appiccicati gli uni agli altri. Grave contraddizione che vale anche per molte metropolitane e per gli autobus. Ma che senso ha il rigore per l’alta velocità, non previsto neppure per gli aerei, se poi tutto il resto del trasporto terrestre fa come gli pare? Lo stesso metro del metro per tutti o per nessuno.

Due pesi e due misure che rischiano di sfuggire a qualsivoglia logica e controllo soprattutto quando riapriranno le scuole (terza questione). A seconda del mezzo utilizzato, gli studenti dovranno attenersi a disposizioni opposte. Saremmo, così, alle comiche, se non fosse che dietro alle decisioni ballerine e non rispettate neppure dalle autorità (la Regione-Penepole disfa di notte la tela diurna del governo), incombe il pericolo contagio. Sul quale dovrebbe pronunciarsi il comitato tecnico-scientifico con parole chiare e definitive.

Scelte tempestive, ragionevoli e uguali per tutti: la serietà dei comportamenti dimostrata dagli italiani sia anche del governo.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi