Come fare la festa al virus (anziché caroselli dopo Napoli-Juve)

“Sciagurati!”, li ha attaccati Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’Organizzazione mondiale della sanità. “Il contagio della felicità”, li ha, invece, difesi Luigi de Magistris, sindaco di Napoli.

E così la partita dopo la partita è finita in pareggio. Ma la palla al centro non torna ancora. Perché, per sapere a chi dare ragione nella polemica per la festa di migliaia di tifosi in strada e in piazza nel capoluogo campano dopo la meritata vittoria del Napoli sulla Juve, lo scopriremo solo fra un paio di settimane: guai se proprio in Campania, che ha dato prova di grande responsabilità popolare e istituzionale per evitare il contagio (l’incidenza del virus risulta più bassa che in altre zone d’Italia), tanto sforzo regionale e nazionale fosse vanificato dall’insorgenza di focolai sull’onda di quanti, troppi e troppo disinvolti, hanno festeggiato come non dovevano al tempo della pandemia. Un male che esiste e resiste: ha perso molte battaglie contro l’impegno dei camici bianchi, della scienza e della tecnologia, ma non la guerra. Ancora ieri l’epidemia ha lasciato 66 caduti sul campo ospedaliero, mentre risalgono i ricoveri in terapia intensiva. Anche se il bollettino della Protezione civile segnala una curva stabile, cioè incoraggiante, non è l’ora della trasgressione per nessuno.

Già un’altra partita di euforia collettiva, l’Atalanta che batteva il Valencia il 19 febbraio a San Siro con migliaia di tifosi bergamaschi sugli spalti, è oggi considerata una fonte devastante per la malattia che da lì a poco avrebbe travolto le zone rosse della Lombardia.

Ma poi: con tutte le ragionevoli accortezze che lo sport e la politica hanno adottato per consentire la ripresa del calcio, possibile che nessuno abbia previsto e cercato di prevenire o almeno di limitare i rischi dell’ovvia esultanza che sarebbe esplosa a Napoli o a Torino, visto che di finale di Coppa Italia si trattava? Possibile che tutte le minuziose prescrizioni che valgono non solo per i giocatori professionisti di una serie A super-controllata e senza più pubblico, ma persino per chi va semplicemente in palestra per tornare in forma, vengano mandate all’aria in una notte di bagordi di mezza estate?

Anche se molti l’hanno dimenticato, e non solo a Napoli, e non solo per amore per la squadra del cuore, il richiamo più importante e urgente per tutti continua a essere lo stesso da più di tre mesi: come fare la festa al virus. Poi brinderemo ovunque, insieme, per giornate intere.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi