Articolo 36 del Trattato di Saint-Germain (1919): l’Austria rinuncia per sempre a ogni diritto sull’Alto Adige. Fine delle discussioni sul “doppio passaporto”

Come volevasi dimostrare, l’“argomento sfidante” che l’Austria non rinuncia a cavalcare, cioè la concessione del suo passaporto ai cittadini italiani di lingua tedesca e ladina in Alto Adige, ha il marchio della secessione. Lo testimonia, fra altre cose, anche l’iniziativa del movimento Südtiroler Freiheit fondato da Eva Klotz. E’ un partito che si batte per il distacco della provincia di Bolzano dall’Italia, e che si sta spendendo in favore del doppio passaporto con una petizione che sarà consegnata ai governi di Roma, di Vienna e di Bruxelles. Secondo gli artefici (ma è bene ricordare che l’Alto Adige è in piena campagna elettorale, e perciò ogni propaganda va presa con le molle), la richiesta sarebbe sostenuta da quarantaquattro fra associazioni culturali e politiche di minoranze etniche in Europa. Anche perché tale richiesta viene, ovviamente, presentata come un meraviglioso “progetto europeo”, non già come un’iniziativa che “rischia di assumere potenziali caratteri di un revanscismo anacronistico proprio nella ricorrenza del centenario della prima guerra mondiale, funestata dal sangue di tanti italiani e austriaci”, secondo la nota diplomatica che la Farnesina ha voluto diffondere, di recente, per far capire agli interlocutori viennesi che qui, a Roma, nessuno è fesso.

Del resto, basta prendere in mano i due passaporti, l’italiano e l’austriaco, per constatare che entrambi trasudano di “spirito europeo”. Sulla facciata del documento le prime parole, addirittura, dicono, rispettivamente, “Unione Europea” ed “Europäische Union”. L’Europa, dunque, è un pretesto solo in apparenza innocente. Così come incredibile è il tentativo di assimilare la concessione della cittadinanza italiana da parte di Roma ai nostri connazionali costretti alla fuga, perché inseguiti dalla violenza, dall’Istria, Fiume e Dalmazia nel secondo dopoguerra (e dunque una “restituzione” di cittadinanza a persone, oltretutto, oppresse e sofferenti), con l’ipotesi di inventare una cittadinanza per cittadini che mai sono stati di passaporto austriaco. Dato che in questo secondo caso si parla di eventi non del 1945, ma del 1918: solo qualche ultra-centenario vivente fu di Francesco Giuseppe. Cittadini, poi, che godono di una tutela giuridica, linguistica ed economica unica al mondo. L’Italia può esserne fiera.

Martedì prossimo il doppio passaporto approda alla Camera (mozione di Michaela Biancofiore, Forza Italia), mentre a Bolzano Alessandro Urzì (Fdi) sollecita la Lega e i Cinque Stelle a chiarire che cosa pensino “di chi inneggia alla secessione e al doppio passaporto”.

Ma se Vienna continuerà a sorvolare sul “no” definitivo di Roma, e a cercare di interferire gravemente sulla sovranità di un altro Paese, si rischia di finire dritti sul Trattato di Saint-Germain, 1919. Dice all’articolo 36: “L’Austria rinuncia, per quanto le concerne, a favore dell’Italia, a ogni diritto e titolo sui territori dell’antica Monarchia austroungarica situati al di là della propria frontiera, come sono determinati all’articolo 27 (…)”. Nel 27 si definiscono in maniera scrupolosa le “frontiere dell’Austria con l’Italia”. Con quel Trattato Vienna ha rinunciato per sempre all’Alto Adige. Forse per questo la Farnesina ha usato l’espressione “revanscismo anacronistico”, quando si vuole riscrivere la storia perfino sulla copertina di un passaporto.

Pubblicato su Il Messaggero di Roma