Anche se le tradizionali “considerazioni finali” hanno riguardato la relazione annuale della Banca d’Italia sull’anno passato, il 2024, in realtà l’intervento del governatore, Fabio Panetta, era rivolto al futuro.
Quello immediato, in cui il governatore vede il rischio dei dazi, quantificandolo nel costo di un punto percentuale alla crescita mondiale. E il futuro non lontano, per il quale intravede il ruolo sempre più necessario di un’Europa consapevole di sé nell’universo che cambia a velocità supersonica. Ma non sempre in meglio, come testimoniano i conflitti di guerra alle porte di casa e pure i conflitti di pace, quali sono le insidie commerciali con la Cina e i Paesi emergenti. Insidie soprattutto sul versante dell’innovazione tecnologica, dove il Vecchio Continente è più indietro persino degli Stati Uniti. Il che significa -spiega Panetta- che bisogna ripensare il modello di sviluppo, se solo si valuta che in rapporto al Pil le imprese europee investono in ricerca e sviluppo la metà di quelle statunitensi. Il sorpasso del Nuovo Mondo.
Dunque, Europa va cercando, il governatore della Banca d’Italia. Lo scenario di un mercato che da terreno di incontro e di scambio fra popoli possa invece diventare ennesimo pretesto di divisione, è nefasto per tutti. Il protezionismo è un vicolo cieco.
Panetta sollecita aperture e investimenti nella difesa. Non però con “fondi nazionali e prestiti”, distingue, bensì “con un programma unitario sostenuto da debito europeo”.
Si sente l’eco della sveglia data all’Europa nel corposo rapporto sulla sua competitività firmato da Mario Draghi, già presidente del Consiglio e alla guida della Bce (dopo essere stato pure lui governatore della Banca d’Italia).
C’è, insomma, un destino europeo che le principali autorità delle nostre principali istituzioni indicano con crescente preoccupazione ai politici e agli economisti chiamati a interpretarlo. Senza più tabù, come conferma la richiesta -definita “cruciale”- di introdurre un titolo pubblico europeo.
Mercato unico dei capitali, brevetti europei (specie nel campo dirompente dell’intelligenza artificiale), massima attenzione alle relazioni internazionali da parte dell’Unione dei 27 Paesi, “baluardo dello Stato di diritto e della convivenza democratica”.
Ecco la chiave per sprigionare le potenzialità mancanti, ma invocate: i valori e i principi, la cultura e l’economia di un’Europa in pace con se stessa da 80 anni sono un volano prezioso e unico perché la politica possa fare il suo dovere.
Importanti sono i “segni della ritrovata vitalità” che il governatore coglie nell’economia italiana. Con un solido sistema bancario. Quanto al risiko bancario -dice-, decide e decida il mercato.
“L’industria italiana non è destinata al declino”, sottolinea nelle conclusioni. Tuttavia, è urgente intervenire subito sul costo dell’energia e in prospettiva sull’invecchiamento della popolazione. Così come sul basso livello dei salari.
Ma luci e ombre passano dalla produttività, che lega la capacità di innovare alla ripresa e l’Italia all’Europa.
Pubblicato su Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova