Allora, si può dire che Giorgia Meloni e Antonio Tajani sono stati bravi?
Dopo due anni e oltre di governo, l’astruso, ma interessante interrogativo sulla nostra presidente del Consiglio, donna di destra che più di destra non si può, e sul nostro ministro degli Esteri, berlusconiano che più berlusconiano non si può, anima gli ambienti politici a loro avversi.
Tutto succede sull’onda della rapida, ma tutt’altro che facile liberazione di Cecilia Sala, giornalista italiana che era detenuta nella Repubblica islamica dell’Iran con accuse così evanescenti che si sono evaporate.
L’intero arco parlamentare e politico ha riconosciuto e applaudito l’impegno del governo e delle istituzioni diplomatiche e di sicurezza, nessuna esclusa, per riportare a casa la nostra connazionale. Che era stata incarcerata in maniera pretestuosa, pedina innocente di un intrigo internazionale che per tre settimane aveva tenuto l’Italia sotto scacco. Mohammad Abedini-Najafabadi, ingegnere iraniano esperto di droni, era stato infatti arrestato a Milano il 16 dicembre su richiesta degli Stati Uniti, perché accusato di complicità col terrorismo. Accusa che l’interessato respinge, ma intanto sulla scacchiera muovevano in tre: Teheran, che reclamava il ritorno del suo ingegnere a casa. Washington che ne sollecitava l’estradizione. E Roma che premeva contro ciò che appariva un ricatto per interposta persona, cioè premeva per la libertà, ottenuta, di Cecilia.
Per la prima volta da Elly Schlein a Giuseppe Conte, da Carlo Calenda a Matteo Renzi tutti hanno espresso belle parole per la presidente del Consiglio, che sabato scorso era anche volata a sorpresa in Florida dal presidente ormai imminente degli Stati Uniti, Donald Trump, per cercare di risolvere la brutta vicenda.
Almeno per 24 ore l’Italia politica è così diventata un Paese normale e maturo. Dove da sinistra non si ha paura di elogiare la destra, se la destra fa l’interesse nazionale (e vale il viceversa, naturalmente).
Il senso dello Stato è proprio questo: avere la capacità di anteporre la Nazione alla fazione. Se e quando questo accade, e con Cecilia Sala è accaduto, dare a Giorgia quel che è di Giorgia e ad Antonio quel che è di Antonio è dimostrazione di intelligenza politica. L’esatto contrario dei paraocchi per partito preso. E poi: quando Tajani e Meloni, secondo le opposizioni, avranno fatto male, avranno gli attacchi che si meritano.
Ma l’unità nazionale non si costruisce soltanto sui Mondiali di calcio vinti e sui trofei di Jannik Sinner. Sull’arte di Michelangelo e il canto di Bocelli. Sulla Divina Commedia e il cinema italiano premiato a Hollywood. Sulla dolce vita e il cibo straordinario. Sull’Italia nello spazio e la Ferrari nella Terra. Sull’imprenditoria, il lavoro, la creatività degli italiani che hanno da tempo incantato il mondo. L’unità nazionale si nutre anche dei complimenti di Elly per Giorgia, e a parti rovesciate, quando capiterà. Si nutre di cose fatte bene e per una buona causa.
Che bella notizia (non solo la liberazione di Cecilia): anche i muri ideologici si possono sgretolare per amor d’Italia.
Pubblicato sul quotidiano Alto Adige